Gela: L'Eni tende a prenderci per il sedere?


A Gela l'Eni punta a prenderci per il sedere (e per il collo)

Quannu ancora oggi ccu guvernu e ccu li liggi si vidi arrubbari la so' aria e lu so' mari quannu comu a li funci spuntaru centu cimineri e ccu tuttu chissu iddu nun potti travagghiari.... (Turi nun parrò – Carlo Muratori)

Le ultime crociate intraprese dai Verdi per proteggere l'ambiente in Sicilia non sono passate inosservate: i nostri benefattori hanno deciso di difenderci dagli alberghi a cinque stelle come a Sciacca, dai parchi tematici come a Regalbuto o dai termovalizzatori come a Paternò. Che in tutti e tre i casi ci siano delle questioni di tipo ambientale da precisare non lo vogliamo certo mettere in dubbio, però è strano che nessuno si sia mosso nel caso dei rigassificatori o del Pet Coke di Gela. Ancora più sinistra è la cosa quando viene analizzata sotto un altra luce. Infatti mentre i casi di Sciacca, Regalbuto e Paternò riguardano iniziative che (nel bene o nel male) produrrebbero almeno un vantaggio economico certo per la Sicilia, quelli di Augusta, Porto Empedocle (rigassificatori) e di Gela (Pet Coke) i vantaggi li producono solo per il Nord Italia. A Gela in particolare, in prossimità delle elezioni si è aperto un fronte politico-sociale piuttosto caldo, con l'MPA che promette una guerra serrata contro il petrolchimico ed il sindaco Crocetta che per riportare sulla sua figura le luci dei riflettori “denuncia” l'acqua calda, e cioè il malaffare del pizzo negli appalti per la raccolta dei rifiuti. Fra i litiganti locali, ecco che però sbatte il pugno sul tavolo il gigante Eni, che da cinquant'anni fiorisce sulle nostre divisioni, comunicando a mezzo stampa le sue minacce ed al contempo cercando di rifarsi una verginità ambientale a cui non crederebbero nemmeno i bambini dell'asilo nido aziendale. E così, velina o non velina, il Sole 24 Ore Sud del 24 gennaio pubblica l'articolo dal pomposo titolo “A Gela l'Eni punta sull'idrogeno”. Più ambiente di così! La prima cosa che mi chiedo è come mai una notizia così importante venga pubblicata sul dorso regionale e non su quello nazionale. Che l'Eni abbia deciso di puntare sull'idrogeno credo sia una novità assoluta, che dovrebbe interessare anche gli investitori. Ma poi, leggendo l'articolo, mi rendo conto che facendolo avrebbe fatto ridere tutti a Milano, mentre quei fessi dei terroni se la possono anche bere. L'idrogeno in questione non è infatti quello delle celle a combustibile, ma quello necessario al processo di idrogenazione tramite il quale il petrolio viene trasformato in benzina. Ogni raffineria ne ha sempre avuto bisogno e se lo deve procurare per poter funzionare. Il fatto che l'Eni intenda aumentarne l'impiego a Gela può voler dire due cose: o che deve incrementare la produzione di benzina o che deve rendere il petrolio più leggero. In tutti e due i casi si prospetta un incremento delle emissioni in atmosfera (e Pecoraro Scanio viene a chiedere ai comuni siciliani di diminuire le emissioni locali: ahi ahi, ma allora ci marcia...). L'altro problema che incontra l'Eni è quello dell'opposizione alla termovalorizzazione del coke che come sappiamo provoca il rilascio di sostanze cancerogene in atmosfera (e per la quale il solito ministro ha riconfermato gli incentivi Cip6). Anche qui si promettono investimenti, ma forse i manager del colosso petrolifero non hanno capito bene: è inutile che lo stoccate al chiuso il coke, perchè il problema principale sorge quando lo bruciate. Quindi anche su questo punto solo fumo negli occhi (e come sempre anche nei polmoni...). Il più kafkiano dei proclami è invece quello dell'articoletto di fondo in cui si dice “avviato in anticipo il trattamento di falda”. Ma come in anticipo? Ma in anticipo rispetto a quando? Avete distrutto tutto, massacrato il territorio, forse sterminato famiglie intere (per questo diciamo che aspettiamo le conclusioni della magistratura...) ed ora alzate anche la cresta? Evidentemente se lo possono permettere, tanto è vero che poi, lontano dai titoli e tra le righe, come direbbe Camilleri ci mettono il carico da undici e minacciano di licenziare 400 persone, un quarto dell'intera forza lavoro, che poi è come dire un quarto di Gela. Sicuramente a questo seguirà la solita farsa dei sindacati (al soldo dei potentati nazionali) che “lotteranno” per i lavoratori e che (mentre sottobanco l'Eni “chiederà” agli insorti di moderare i termini) si prenderanno poi il merito di averne salvati un buon 50-60% (che non sarebbero mai stati licenziati comunque). Ora mi viene da chiedere ai cittadini di Gela (e di riflesso a tutti i siciliani): ma non siete stanchi di vivere così? Siete solo carne da macello in sovrappiù in vendita ad un unico offerente il quale, in forza di ciò, può chiedervi di tutto. Anche di vedere morire vostro figlio in mezzo ad atroci sofferenze. Davvero credete che se la piovra che vi divora andrà via non avrete più futuro? Che una vittima non abbia speranza senza il suo aguzzino?


Ufficio stampa

L'Altra Sicilia-Antudo

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