Lotta alla mafia: “Lo stato perde la partita sulla confisca dei beni ”



Che la grande insufficienza burocratica sia di prassi in Italia, questo certamente è un luogo comune.  Notare invece che sia proprio questa macchina istituzionale a far perdere il passo nella lotta alla Mafia e creare certamente forti dubbi sulla ingarbugliata legislazione di merito e deleterio per il sistema istituzionale. In pratica il parlamento promulga le leggi ma non sa come applicarle. Questo è quello che succede oggi ai beni confiscati alla mafia che puntualmente in molti casi ritornano ai legittimi proprietari per vie traverse o che gettano intere aziende con centinaia di regolari dipendenti  nel tunnel della definitiva chiusura con i relativi licenziamenti. La gestione dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati alla mafia oggi ha infatti in carico ben 1700 aziende confiscate,di cui 1200 sono sotto la gestione della stessa agenzia. Nell'ultimo biennio, a fronte di un aumento delle confische in via giudiziaria, nella fase amministrativa, quella che determina la consegna della casa o della ditta a comuni, associazioni o forze dell'ordine, si è registrata una brusca frenata. Molti i licenziamenti che fanno rimpiangere la stessa gestione Mafiosa e che gettano nel disagio migliaia di famiglie in un momento difficile per l’Italia. Il vero sconfitto è il grande armamento a forza zero della burocrazia Italiana dovuto al tortuoso percorso dei beni confiscati alle mafie infatti anche una firma può determinare ritardi che favoriscono gli interessi delle stesse cosche a riappropriarsene. Succede che da mesi mille decreti di destinazione sono bloccati, perché manca la nomina del consiglio direttivo dell'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati. Decisione, questa, che spetta al presidente del Consiglio su proposta del ministro degli Interni. Secondo l’Agenzia nazionale per i beni confiscati, il 90% di queste aziende fallisce a causa dell’inadeguatezza dell’attuale legislazione con un saldo negativo di 72.000 posti di lavoro in Italia. Tutti i settori produttivi sono coinvolti e una percentuale molto alta riguarda comparti chiave come il terziario (55%), l’edilizia (27%) e l’agroalimentare (6%). È possibile trovare aziende sequestrate e confiscate in tutta Italia, da Nord a Sud. Le regioni in cui se ne contano di più sono la Sicilia (36%), la Campania (20%), la Lombardia (13%), la Calabria (9%) e il Lazio (8%).  Secondo il comitato promotore : “Io riattivo il lavoro” costituito da Legacoop, Cgil, Libera, Acli, Arci, Avviso Pubblico, Sos Impresa e Centro Studi Pio la Torre ,occorre una legge di riforma immediata. Nella sua lentezza, tutta Italiana, comunque un nuovo testo di riforma sui beni confiscati è in atto. Questo dovrebbe prevedere maggiori competenze e personale all’Agenzia nazionale per i beni confiscati, la creazione di un Fondo di rotazione per risolvere il problema dei credito bancario, pagare gli stipendi dei lavoratori e sostenere i costi dell’emersione alla legalità delle imprese, ed una serie di interventi in favore delle aziende confiscate e sequestrate per favorire l’emersione dei rapporti di lavoro irregolari. Si  dovrebbe inoltre incentivare attraverso agevolazioni fiscali, la costituzione di cooperative di lavoratori disposti a rilevare la stessa azienda.

                                                                                                  Di Maurizio Cirignotta

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