Patagonia,ultima frontiera ambientale


Un mondo che cambia sotto l’azione dell’uomo . Una frontiera invalicabile che negli ultimi anni cerca di essere abbattuta all’insegna di un progresso tecnologico che non valuta il danno ambientale che può provocare. Tra le varie lotte di popolo che in tutto il mondo difendono il loro paradiso terrestre ,troviamo l a Patagonia. Una terra ,quella cilena ,che oggi è considerata una delle aree più importanti del nostro pianeta con caratteristiche uniche riguardo l’ecosistema e che rappresenta un vero serbatoio scientifico e turistico. Ghiacciai, montagne, fiumi, laghi, fiordi, isole, foreste, steppe e zone umide che formano una delle più grandi riserve d'acqua dolce del pianeta e del patrimonio naturale non solo del Cile, ma anche dell’ umanità. Una biodiversità che vede la presenza di piante ,animali ed uccelli oltre che rettili ed anfibi ancora sconosciuti. Le aree protette sono molteplici e rappresentano una vera riserva naturale per la biosfera ,condizione che la pone come patrimonio mondiale dell’umanità per l’Unesco. Nell’ultimo periodo anche questo polmone naturale è attaccato da un progetto tutto italiano “Hidroaysen” che dovrebbe essere realizzato dall’italiana ENEL,all’origine l’autonomia energetica del Cile dal precario Gas dell’Argentina. Un progetto che l’ENEL dovrebbe realizzare in collaborazione con delle società locali (Endesa) ora consociata ENEL,con un impegno di circa 3 miliardi di dollari. La mega infrastruttura prevede la costruzione di cinque mega dighe che dovrebbero essere realizzate nella regione patagonica di Aysèn, l’obbiettivo è quello di arginare i potenti fiumi Pascua e Baker dirottandoli nelle cinque dighe con la distruzione di migliaia di ettari di terra incontaminata. Più di 2235 km di cavi che dovrebbero attraversare tutto il Cile dal nord al sud dando un’autonomia energetica calcolato al 20% del totale cileno. Ad opporsi al progetto migliaia di cittadini comandati da accion ecologica il cui capo è Luis Rendòn, non ultima la manifestazione di santiago del cile del 20 maggio 2011 che ha visto nel mirino l’ambasciata italiana e dove hanno partecipato circa 40 mila persone. Secondo i manifestanti che rappresentano come idea il 61% della popolazione a livello nazionale le dighe non sono necessarie e lo stesso Rendòn ammette:“stanno imbrogliando le carte, tentando di corrompere la popolazione locale, cambiando le informazioni tecniche”, sembra che si stia ,infatti, separando la valutazione di impatto ambientale delle dighe dalla rete di trasmissione elettrica costituita da ben duemila chilometri di tralicci. Una condizione che ha provocato uno stop al progetto da parte del Tribunale di Puerto Montt, che ha accolto il ricorso degli ambientalisti ed ha imposto di riesaminare tutti gli atti. Nel frattempo nei comuni della regione è iniziata una raccolta firme per fare un referendum popolare decisionale ,in Cile la legge prevede che se viene superato il limite del 50% dell’elettorato attivo il sindaco di ogni comune deve in maniera vincolante emettere entro 10 giorni il relativo decreto che poi viene pubblicato nella gazzetta ufficiale. Termine 60-90 giorni per le consultazioni pubbliche. La proposta di Accion Ecologica sull’energia è quella collegata alle biomasse, all’eolico ed al solare che attualmente impegna il Cile per soli 30 MW. Chi vincerà la battaglia per l’ambiente? Il dio denaro o i cittadini?

Di Maurizio Cirignotta

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