Maghreb: La Povertà in rivolta


Sono I popoli del maghreb a scendere in piazza per dichiarare lotta alla povertà. E’,infatti,proprio questa la scintilla che ha acceso la miccia in vari paesi arabi. Dopo la Tunisia e l’Algeria ora è la volta dell’Egitto che da 11 giorni è sotto lo scacco dei manifestanti pro e contro Hosni Mubarak, 82 anni,. Sicuramente alla base di tutto la grande fame del popolo e l’impossibilità a poter vivere una vita normale. In Egitto si vive solo con un dollaro e mezzo al giorno e le difficoltà nell’ultimo periodo hanno superato il limite di sopportazione del popolo. Una grande tradizione basata su pochi ricchi e tanti poveri in un sistema economico quello egiziano,creato in gran parte sul turismo e sulle riserve petrolifere. Un Tam Tam quello della gente comune “i fratelli”che da 11 giorni pone sotto pressione un governo che tira le fila del potere da trent’anni. La condizione che la Fratellanza Musulmana ha posto ,sono le dimissioni immediate di Mubarak che però per una questione di cautela nei confronti del paese non vuole abbandonare la dittatura e si inventa negli ultimi giorni lo scontro con i manifestanti la contrapposizione dei fedelissimi circa 300 che sono riusciti a scatenare la battaglia civile provocando 13 morti negli ultimi due giorni. A cavallo degli atti di violenza il vero ago della bilancia “l’esercito” che stà svolgendo un compito esemplare di contenzione e protezione della popolazione. Nel frattempo i vari componenti del governo cercano di scappare portando con sé fondi statali ,chiaro lo stop da parte del procuratore generale che ha congelato tutti i conti all’estero. Intanto importante la mediazione americana che stà cercando di convince il potere dittatoriale ad andarsene al più presto. Oggi 4 febbraio la decisione del comitato dei saggi che presenta il vicepresidente Omar Suleiman come nuovo capo di stato(fonte al Arabiya) secondo quanto previsto dall’art.139 della costituzione. Mubarak quindi è presidente solo formalmente. Un atto formalmente strategico per sedare la folla che oggi 4 febbraio ha sancito “ il giorno della partenza” di Mubarak naturalmente,ricordando nella preghiera che i 150 morti che si sonno susseguiti in questi 11 giorni non possono essere dimenticati e che il movimento in caso di elezioni non si presenterà con un candidato alla presidenza. Una fase difficile per molti paesi arabi che si associa a molte insicurezze collegate al reale pericolo che la rivolta del pane della Tunisia si possa sviluppare anche al gigante petrolifero dell’Arabia Saudita condizione che potrebbe interferire col le forniture di petrolio dal Mar Rosso al mediterraneo attraverso il canale di Suez.

Di Maurizio Cirignotta

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